Dic 11, 2008
Siamo qui, siamo ovunque, siamo l’immagine del futuro
Se io non brucio
Se tu non bruci
Se noi non bruciamo
Come dal buio nascera’ la luce?
(Nazim Hikmet “Come Kerem”)
Con la paura tra i denti i cani rabbiosi urlano: tornate alla
normalita’, la festa dei folli e’ terminata. I filologi
dell’assimilazione hanno iniziato a diseporre le loro carezze
taglienti: “Siamo pronti a dimenticare, a comprendere le deviazioni dei
giorni precedenti, ma ora state buoni altrimenti porteremo i nostri
sociologi, i nostri antropologi, i nostri psichiatri! Come padri
comprensivi abbiamo assistito con sopportazione il vostro sfogo
sentimentale, ora osservate come appaiono vuoti i banchi di scuola, gli
uffici, le vetrine! E’ giunta l’ora del ritorno e chi rifiuta questo
sacro dovere verra’ attaccato, verra’ tarato socialmente,
psichiatrizzato. Questa e’ la richiesta che si aggira in citta’ :”Siete
ai vostri posti?”. La democrazia, l’armonia sociale, l’unita’ sociale e
tutti i grandi abbracci che puzzano di morte hanno gia’ teso le loro
sporche mani.
Il potere (dal governo ai genitori) ha lo scopo non solo di
reprimere la rivolta e la sua espansione, ma di creare un rapporto di
subordinazione, soggettivazione. Un rapporto che determina il vissuto,
cioe’ la vita politica, come una palottola di cooperazione, di
compromesso e di accettabilita’sociale. « La politica e’ la politica
del socialmente accettabile, tutto il resto e’ una guerriglia da
briganti, scontri, caos » : questa e’ la traduzione fedele di cio’ che
ci viene detto. I loro tentativi di negare la parte vitale di ogni
azione, di dividerci, di isolarci da cio’ che possiamo fare : non fare
di due cose una, ma rompere ancora ed ancora una cosa in due. I
mandarini dell’armonia, i baroni del silenzio – dell’ordine- e della
sicurezza ci richiedono di essere dialoganti. Questi trucchi pero’ sono
disperatamente vecchi e la loro miserabilita’ si vede nelle pancie dei
vecchi sindacalisti, negli occhi slavati dei mediatori che come uccelli
rapaci si aggirano sopra ogni rifiuto, sopra ogni passione per il
reale. Li abbiamo gia’ visti a maggio, a Los Angeles e a Brixton, li
vediamo in giro da decenni che leccano le ossa del Politecnico. Li
abbiamo visti pure ieri che invece di indire sciopero generale ad
oltranza, si sono inclinati di fronte alla legalita’ e hanno annullato
la manifestazione. Perche’ sanno molto bene che la strada verso
l’espandersi della rivolta passa per il suo spostamento nel campo di
produzione – passa per l’occupazione dei mezzi di produzione del mondo
che ci distrugge.
Domani inizia una giornata in cui niente e’ sicuro. E cosa potrebbe
essere piu’ liberatorio dopo tanti anni di sicurezze ? Una pallottola
e’ stata capace ad interrompere la sequenza meccanica di tante giornate
uguali a se’ stesse. L’assassinio di un quindicenne e’ stato un momento
che ha redato uno spostamento capace a portare tutto sotto sopra. Lo
spostamento dal compimento di una ulteriore giornata al punto tale che
tante persone nello stesso momento hanno pensato: Basta, le cose devono
cambiare e siamo proprio noi che le dobbiamo cambiare . E la vendetta
per la morte di Alexi si e’ trasformata nella vendetta per ogni nostra
giornata che siamo stati costretti a svegliarci in questo mondo. E cio’
che appariva cosi’ difficile si e’ dimostrato cosi’ semplice.
Questo e’ qualcosa che e’ successo, qualcosa che possediamo. Se
qualcosa ci spaventa e’ il ritorno alla normalita’. Perche’ nelle
strade distrutte ed espropriate delle nostre lucenti citta’ non vediamo
solo gli ovvi segnali della nostra rabbia, ma la possibilita’ di
cominciare a vivere. Ormai non abbiamo altro che la possibilita’ di
stabilirci sopra tale possibilita’ trasformandola in vissuto:
Atterrando la nostra creativita’ nel suolo della quotidianita’, la
nostra forza a dare sostanza ai nostri desideri, la forza non di
osservare, ma costruire il reale. Questo e’ il nostro spazio vitale.
Tutto il resto e’ morte.
Chi vuole capire, capira’. Ora e’ il momento di rompere le gabbie
invisibili che costringono ognuno di noi nelle nostre piccole e misere
vite. E cio’ non significa solamente o necessariamente attaccare
stazioni di polizia o bruciare negozi e banche. Il momento in cui
qualcuno abbandona la sua poltrona e la passiva osservazione della sua
stessa vita ed esce per strada per parlare ed ascoltare, lasciando
spontaneamente il privato, comprende, nell’ambito dei rapporti sociali,
la forza destabilizzante di una bomba atomica. Questo proprio perche’
la (fino ad ora) stabilizzazione di ognuno nel suo microcosmo e’ legata
alle forze attrattive della persona. Quelle forze che permettono al
mondo (capitalista) di andare avanti. Questo e’ il dilemma : stare
dalla parte dei rivoltosi o stare da soli. Questo e’ uno dei rari
momenti in cui un dilemma e’ cosi’ assoluto e contemporaneamente reale.
11.12.2008