dallagrecia

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L’obbedienza è morta

testo comparso in seguito all’occupazione del teatro dell’Opera, mantenuta per diversi giorni… 

Prima tutto era “ben” collocato.

 

Gli affamati in Africa. Gli “specialisti” nella televisione. I “cattivi” in prigione. Gli “anarchici” a Exarchia. Quelli che prendono le decisioni in Parlamento. Il nostro denaro ipotecato. La polizia ad ogni incrocio. Le nostre case alle banche. I nostri nemici in Turchia e in Macedonia. I nostri parcheggi al posto dei parchi.

 

Il nostro divertimento nei bar. I nostri figli nei collegi. I nostri amici su Facebook. L’arte nei musei e nelle gallerie. I nostri desideri nella pubblicità. I nostri alberi di Natale nella piazza del Parlamento. La bellezza nei centri estetici. L’amore solo il 14 Febbraio.

Noi, chiusi tra quattro mura.

 

Ora l’obbedienza è morta, inizia la magia.

 

Gli affamati nel Parlamento, gli specialisti a Exarchia, i cattivi nei centri estetici, gli anarchici pure nei musei e nelle gallerie, quelli che prendono decisioni solo il 14 Febbraio, la polizia in Africa, le nostre case nei parchi, i nostri nemici su Facebook, i parcheggi nelle banche.

 

Il nostro divertimento nei collegi, i nostri figli nei bar, i nostri desideri ad ogni incrocio, la nostra arte nelle ipoteche (non pagheremo).

 

I nostri alberi nelle strade.

La bellezza nelle strade.

L’amore nelle strade.

 

E noi?

Tra quattro mura?

 

i figli bastardi di Dicembre

Comunicato degli occupanti dell’Opera

Comunicato degli occupanti del Teatro dell’Opera in merito alla decisione di lasciare l’occupazione

Oggi sabato 7 febbraio l’assemblea dell’Opera Ribelle, ha deciso di abbandonare l’Opera Nazionale, essendo riuscita a mantenere 9 giorni e notti di autonomia, libertà, creazione e autogestione nella pratica.

 

Primo atto:

Abbiamo liberato l’Opera Nazionale come risposta allo strangolamento della libera espressione, all’imposizione di desideri falsificati, al bombardamento di cemento degli spazi pubblici, all’oppressione.

Quando anche i diritti elementari sono negati con lacrimogeni e acido solforico arriva il momento di prendere una posizione.

 

Secondo atto:

Ci siamo presi un simbolo dello status quo artistico, ridefinendo le relazioni tra creatore e spettatore, maestro e allievo. Per 9 giorni, un mosaico di persone conosciutesi a Dicembre ha preso forma, ha praticato la democrazia diretta e ha unito la politica all’arte, dentro e fuori dall’opera. Non ci dividiamo tra artisti e non artisti, siamo il fiore della vita.

Chiunque pensa che la fine dell’occupazione comporterà la fine della dissidenza dovrà ricredersi.

Non rendiamo la cultura a Narchios, Lamprakis o qualche altro “specialista” – in ogni caso non gli appartiene. La nostra presenza e azioni all’Opera mostrano che non è solo la distinzione tra cultura di “alto” e “basso” livello che ci divide o avvicina, ma anche un’espressione di strutture gerarchiche. Per noi l’arte è un campo di battaglia.

 Terzo Atto:Continuiamo autogestendoci, esprimendoci e agendo negli spazi pubblici, agendo e creando assieme sulla base dell’autonomi e dell’autogestione.Questa occupazione ha compiuto il suo circolo una volta, contenendoci tutti. Continueemo come cellule centrifughe, diffondendo la nostra esperienza comune e dinamica in tutti i quartieri, parchi e strade.Durante la mobilitazione, i lavoratori e gli artisti del teatro Colon di Buenos Aires, hanno espresso solidarietà alla nostra lotta nelle loro proteste contro 500 licenziamenti che significano la dissoluzione del teatro stesso.Messaggi di solidarietà ci sono arrivati anche dall’Università nazionale di Rosario in Argentina, dal Movimento Donne Ribelli del Brasile, dal Venezuela e dall’Unione Nazionale degli Artisti popolari d’Ecuador. Rimaniamo in contatto solidale con tutti loro e chiamiamo tutti i lavoratori a ridefinire il proprio ruolo dentro le relazioni e le strutture dominanti

Gli artisti della vita non sono i pagliacci dell’autorità, non vogliamo convertirci in granate umane di fracasso nell’artigleria della repressione psicologica, ma piuttosto fuoco artificiale d’allegria e profondo sentimento nel cammino della liberazione sociale. Invitiamo la gente ad assumere iniziative ed esperimenti analoghi per conoscere e modellare insieme esperimenti autonomi.

 

Solidarietà a Konstantina Kouneva e a tutti quelli che continuano la lotta.

Appoggiamo i feriti dell’insurrezione.

Immediata liberazione di tutti i detenuti.

 

Riprendiamoci le strade contro il bombardamento di cemento.

Ancora in solidarietà col popolo palestinese.

Le strade sono il nostro teatro, l’insurrezione la nostra arte.

 

Prossimamente il quarto atto

 

Scontri di quartiere ad Atene contro la distruzione di un parco.

Nelle prime ore della mattina di Lunedì 26/01/09 operai del Comune si sono presentati nel piccolo parco che si trova tra via Patision e Chipre, ad Atene, con l’intenzione di sradicare gli alberi e cominciare i lavori per un nuovo parcheggio. In poco tempo gli abitanti del quartiere, reagiscono a quest’ennesima crudeltà. La rabbia della gente si scontra con le forze antisommossa presenti da subito per sorvegliare la distruzione del parco, e presto incominciano gli scontri nelle strade attorno. Più tardi, un gruppo attacca il commissariato di Áyios Panteleímonas con pietre e molotov.

Nella notte gli abitanti hanno ripiantato piccoli alberi nel parco.

Le stesse forze antisommossa che hanno protetto l’albero di Natale in piazza Syntagma per più di tre settimane ieri hanno garantito la distruzione di una delle ultime zone verdi della città di Atene.

in questo sito il video della giornata:

http://grecia-libertaria.blogspot.com/2009/01/nuevos-disturbios-en-atenas.html

Ancora scontri ad Atene, attaccato il corteo anarchico (24-01-09)

 riceviamo e pubblichiamo:

 

3mila persone circa ieri ad atene al corteo per la liberazione degli
arrestati, mentre altre manifestazioni si svolgevano in ogni citta’
greca.
la polizia tenta in piu’ punti di provocare reazioni con movimenti e avvicinamenti inusuali.
Danni vari riportati.
Nei
pressi del parlamento, in Syntagma, la polizia accerchia la parte
arretrata del corteo, e alla seconda pietra lanciata carica tirando gas
e spray (bisogna anche dire che la seconda pietra ha steso per terra un
poliziotto). il corteo e’ spezzato e cominciano gli scontri avanzando
verso la fine del corteo. In Panepistimio (il primo asylum che si
incontra) gli scontri proseguono per una mezz’ora, per poi spostarsi
per ore nelle strette strade di Exarchia.
Polizia ovunque.
Le barricate reggono per qualche ora, fino a quando la polizia non attacca da piu’
lati riuscendo ad occupare la piazza centrale di Exarchia.
Gli utlimi gruppi si disperdono.
(Degno
di nota: 2 bambini zingari di 7-8 anni, presenti a volto coperto
dall’inizio del corteo e partecipi fino all’ultimo negli scontri ad
Exarchia, sembra abbiano rapidamente rubato la borsa con le granate
lacrimogene ad uno sbirro, riuscendo poi a scappare)

Si hanno notizie di diversi feriti (una decina) portati in ospedali.
un
arrestato e rilasciato per aver scattato fotografie durante le cariche,
altri 4 arrestati, nessuno dei
quali e’ stato rilasciato (per cui ipoteticamente se li terranno).
le assemblee alla ONG per richiedenti asylum continuano.
per ora nessun altra notizia…

Atene, nuovi fuochi, nuove occupazioni

22-01-2009


Riceviamo e pubblichiamo…

A quanto apprendiamo…
ieri ad Atene manifestazione in
solidarieta’ a Kostantina Kunova, indetta dai comitati di base dei
corrieri motorizzati (una sorta di sindacato autorganizzato)… molti
anarchici presenti, e sorprendentemente pure molti "sinistri".
Indymedia parla di 10mila persone, ma indymedia, si sa, esagera. 7-8 mila potrebbe essere piu’ realistico.
In
ogni
caso, il corteo doveva essere molto pacifico nelle aspettattiva ma
quando il corteo si e’ fermato di fronte al Ministero del Lavoro,
presidiato da alcune decine di antisommossa, sono iniziati gli scontri.
Alcuni
manifestanti hanno lanciato pietre, bottiglie, vernice contro il
ministero e contro la polizia, che ha reagito con lacrimogeni mentre
altri contingenti antisommossa dalle vie traverse spezzavano in due il
corteo.
Le cariche sono state genericamente respinte e una delle vie
principali del centro di Atene, al ridosso del quartiere con la piu’
alta densita’ di immigrati (tra quelli centrali) e’ stato bloccata da
decine di cassonetti incendiati.
Le solite banche sono state
attaccate, con i bancomat e motli immigrati si sono uniti al corteo che
e’ proseguito dopo gli scontri.
La parte della manifestazione piu’
arretrata (circa 2mila persone), bloccata da cordoni di polizia, e’
ritornata verso il concentramento iniziale. Nei pressi di piazza Omonia
si sono verificati alcuni danneggiamenti e alcune sassaiole contro
l’antisommossa.
Di piu’ non so.
Il resto del
corteo (altre 4 massimo 5mila persone) ha proseguito verso Gazi,
un’area in ristrutturazione (ex fabbriche ora adibite a festival
musicali), dove proliferano locali e ristoranti trendy.
Altri
bancomat attaccati, la stazione della metro nella piazza di Gazi ha
subito i soliti danneggiamenti, mentre una decina di ristoranti sono
stati distrutti. In questo frangente "pare" che molti immigrati abbiano
partecipato massicciamente, aprendosi varchi nelle vetrine di quei
luoghi dove mai potran entrare altrimenti.

Dopo una nuova carica della polizia il corteo si e’ disperso in numerosi gruppi, rendendo impossibili ulteriori cariche.
Sembra siano stati attaccati alcuni concessionarie di automobili, un poco saccheggiati alcuni negozi.
La polizia ha fermato alcune persone ma non si hanno notizie di arresti, per cui presumibilmente tutti rilasciati.

Oggi, 23 gennaio, si e’
svolto in modo del tutto tranquillo un corteo studentesco terminato di fronte al parlamento (qualche migliaio di persone).

Un’ora
fa decine di anarchici hanno occupato, a Exarchia, il Centro Greco per
i Rifugiati, gestito da una organizzazione non governativa (ONG) senza
fini di lucro, associazione che, volontariamente o meno, da un volto
umano alle politiche statali, mediando tra le autorita’ e gli immigrati
in attesa del permesso.
Attualmente gli occupanti sono riuniti in assemblea. (l’intenzione per ora e’ di mantenere l’occupazione per qualche giorno)

notizie dal tribunale

Ultime notizie dal tribunale: il compagno greco arrestato al corteo del 9 sara’ tenuto in carcerazione preventiva, per un tempo variabile da 10 giorni a 18 mesi. Gli hanno spaccato tutte le dita di una mano. Non gli hanno trovato nulla addosso. La polizia sostiene di averlo riconosciuto mentre tirava una molotov.

 

Konstantina Kuneva

Atene – Il 23 Dicembre 2008, Konstantina
Kuneva, immigrata dalla Bulgaria che lavora come spazzina nella
metropolitana di Atene, ha subito un attentato contro la sua vita
mentre stava rincasando dopo una giornata di lavoro. Konstantina era
nota per la sua attivita sindacale e per questo motivo si era trovata
nel mirino della ditta appaltatrice delle pulizie nella metropolitana
di Atene che era il suo diretto datore di lavoro. Come prima risposta
all’attentato contro la vita di Konstantina, un gruppo di compagni-e ha
occupato la sede di ISAP ( La ferrovia elettrica di Atene-Pireo) il 27
dicembre 2008. Ciò che segue è il volantino distribuito. L’occupazione
è terminata ieri, domenica 28 dicembre 2008.

QUANDO ATTACCANO UN@ DI NOI,

CI ATTACCANO TUTTI

Oggi 27 Dicembre abbiamo occupato la sede centrale di ISAP (Ferrovia
Elettrica di Atene-Pireo) come prima risposta all’attentato contro la
sua vita che ha subito Konstantina Kuneva il 23 dicembre 2008 mentre
stava rincasando dal suo lavoro.

Konstantina è ricoverata in gravi condizioni nel reparto di terapia
intensiva dell’ospedale “Evangelismos” riportando gravi lesioni agli
occhi ed all’apparato respiratorio.

Chi è Konstantina? Per quale motivo è stata attaccata?

Konstantina è una delle centinaia di lavoratrici immigrate che
lavora da anni come lavoratrice interinale nel settore delle pulizie. È
segretaria generale dell’Unione Panattica degli spazzini-e e dei
lavoratori domestici, sindacalista militante, nota per la sua
combattività. La settimana scorsa si era scontrata con il padronato di
“ICOMET”, rivendicando la tredicesima per lei e per le sue colleghe e
denunciando le irregolarità riguardo alla loro busta paga. Tutto ciò è
venuto dopo il licenziamento vendicativo di sua madre dalla medesima
ditta, il suo trasferimento in un altro posto di lavoro, mentre pende
la sua denuncia all’Ispettorato del Lavoro che sarà esaminata il 5
gennaio 2009. Tutto ciò costituisce la norma e non l’eccezione nel
settore delle pulizie e del lavoro interinale.

I contratti fuori norma, le ore di lavoro e gli straordinari non
pagati, lo scarto tra i soldi per i quali firmano i lavoratori e quelli
che effettivamente ricevono, l’assunzione di immigrati e di immigrate
che sono più ricattabili, il non versamento dei contributi dell’INPS
costituiscono le pratiche abituali degli appaltatori nel settore delle
pulizie. Naturalmente tutto ciò avviene grazie ai dirigenti degli enti
pubblici che danno copertura alle irregolarità e promuovono la
precarietà del lavoro.

Specialmente per quanto riguarda “ICOMET”, una ditta che opera nel
settore delle pulizie e del lavoro interinale che opera su scala
nazionale, proprietà di Nikitas Iconomakis, dirigente del partito
socialista (Pasok), che impiega “ufficialmente” 800 lavoratori (gli
stessi lavoratori parlano di almeno 1500, mentre gli ultimi 3 anni sono
“passati” dalla ditta più di 3000 lavoratori) gli abusi da parte del
padronato sono all’ordine giorno. I lavoratori sono costretti a firmare
contratti “in bianco” di cui non ricevono mai la copia. Lavorano 6 ore
e vengono pagate per 4,5 ore (salario e contributi) in modo da non
raggiungere mai le 30 ore settimanali (in questo modo il loro lavoro
non è considerato lavoro usurante e non traggono i benefici della
legge). Vengono terrorizzate, vengono trasferite e, quando vogliono
licenziare una lavoratrice, la minacciano per costringerla a dare le
dimissioni (una lavoratrice è stata trattenuta per quattro ore nei
locali della ditta affinché firmasse le sue dimissioni). Il padronato
sta cercando di creare un sindacato giallo per sottomettere i
lavoratori mentre tramite licenziamenti cerca di bloccare i canali di
comunicazione tra i lavoratori e la loro azione collettiva.

Cosa c’entra “ICOMET” con ISAP?

All’”ICOMET” è stato aggiudicato l’appalto per le pulizie dell’ISAP
e di altri enti pubblici, perché ha potuto fare l’offerta più bassa con
i più alti tassi di sfruttamento e deprezzamento della forza-lavoro.
Questo regime di sfruttamento è stato organizzato per soddisfare le
esigenze di vari enti pubblici, tra cui anche l’ISAP. L’ISAP è complice
di questo regime di sfruttamento selvaggio, nonostante le numerose
denuncie fatte dal sindacato dei lavoratori.

L’attentato contro la vita della nostra collega era vendicativo e intimidatorio.

Il bersaglio non era casuale: donna, immigrata, militante sindacale,
madre di un minorenne, agli occhi dei padroni costituiva un bersaglio
facile.

Il modo non era casuale: il suo scopo era di lasciare il suo segno, di intimidire e di terrorizzare.

Il tempo non era casuale: mentre i mass-media, i partiti, la chiesa,
i padroni e i dirigenti sindacali cercano di ingiuriare la rivolta
sociale; mentre l’assassinio a sangue freddo di Alexis Grigoropoulos
viene presentato come “morte accidentale” all’attentato contro
Konstantina viene dedicato pochissimo spazio.

L’attentato contro la vita di Konstantina è stato preparato dal padronato con diligenza.

Konstantina è una di noi. La lotta per la DIGNITÀ e la SOLIDARIETÀ è la NOSTRA LOTTA.!

L’attentato contro Konstantina ci ha segnati tutti. Ha segnato la
nostra memoria e il nostro cuore che è pieno di dolore e di rabbia.

GLI ASSASSINI PAGHERANNO TUTTO

NON CI FAREMO INTIMIDIRE DAL PADRONATO

ASSEMBLEA DI SOLIDARIETÀ

A KONSTANTINA KUNEVA

QUANDO ATTACCANO UNO DI NOI, CI ATTACCANO TUTTI


 

 

Oggi 27 Dicembre abbiamo occupato la sede
centrale di ISAP (Ferrovia Elettrica di Atene-Pireo) come prima
risposta all’attentato contro la sua vita che ha subito Constantina
Cunova il 23 dicembre 2008 mentre stava rincasando dal suo lavoro.

            Constantina è ricoverata in
gravi condizioni nel reparto di terapia intensiva dell’ospedale
“Evangelismos” riportando gravi ferite negli occhi e nel sistema
respiratorio.

 

            Chi è Constantina? Per quale motivo è stata attaccata?

Constantina è una delle centinaia di
lavoratrici immigrate che lavora da anni come lavoratrice interinale
nel settore delle pulizie. È segretaria generale dell’Unione Panattica
degli spazzini-e e dei lavoratori domestici, sindacalista militante,
nota per la sua combattività. La settimana scorsa si era scontrata con
il padronato di “ICOMET”, rivendicando la tredicesima per lei e per le
sue colleghe e denunciando le irregolarità riguardo alla loro busta
paga. Tutto ciò è venuto dopo il licenziamento vendicativo di sua madre
dalla medesima ditta, il suo trasferimento in un altro posto di lavoro,
mentre pende la sua denuncia all’Ispettorato del Lavoro che sarà
esaminata il 5 gennaio 2009. Tutto ciò costituisce la norma e non
l’eccezione nel settore delle pulizie e del lavoro interinale.

            I contratti fuori norma, le
ore di lavoro e gli straordinari non pagati, lo scarto tra i soldi per
i quali firmano i lavoratori e quelli che effettivamente ricevono,
l’assunzione di immigrati e di immigrate che sono più ricattabili, il
non versamento dei contributi dell’INPS costituiscono le pratiche
abituali degli appaltatori nel settore delle pulizie. Naturalmente
tutto ciò avviene grazie ai dirigenti degli enti pubblici che danno
copertura alle irregolarità e promuovono la precarietà del lavoro.

            Specialmente per quanto
riguarda “ICOMET”, una ditta che opera nel settore delle pulizie e del
lavoro interinale che opera su scala nazionale, proprietà di Nikitas
Iconomakis, dirigente del partito socialista (Pasok), che impiega
“ufficialmente” 800 lavoratori (gli stessi lavoratori parlano di almeno
1500, mentre gli ultimi 3 anni sono “passati” dalla ditta più di 3000
lavoratori) gli abusi dal parte del padronato sono nell’ordine giorno.
I lavoratori sono costretti di firmare contratti “in bianco” di cui non
ricevono mai la copia. Lavorano 6 ore e vengono pagate per 4,5 ore
(salario e contributi) in modo di non raggiungere mai le 30 ore
settimanali (in questo modo il loro lavoro non è considerato lavoro
usurante e non traggono i benefici della legge). Vengono terrorizzate,
vengono trasferite, e, quando vogliono licenziare una lavoratrice la
minacciano per dare le dimissioni (una lavoratrice è stata trattenuta
per quattro ore nei locali della ditta finché firmasse le sue
dimissioni). Il padronato sta cercando di creare un sindacato giallo
per sottomettere i lavoratori mentre tramite licenziamenti cerca di
bloccare i canali di comunicazione tra i lavoratori e la loro azione
collettiva.

           

            Cosa c’entra “ICOMET” con ISAP?

All’”ICOMET” è stato aggiudicato l’appalto per le pulizie dell’ISAP e
di altri enti pubblici, perché ha potuto fare l’offerta più bassa con i
più alti tassi di sfruttamento e deprezzamento della forza-lavoro.
Questo regime di sfruttamento è stato organizzato per soddisfare le
esigenze di vari enti pubblici, tra cui anche l’ISAP. L’ISAP è complice
di questo regime di sfruttamento selvaggio, nonostante le numerose
denuncie fatte dal sindacato dei lavoratori.

            L’ attentato contro la vita della nostra collega era vendicativo e intimidatorio.   

            Il bersaglio non era casuale: Donna, immigrata, militante sindacale, madre di un minorenne, negli occhi dei padroni costituiva un bersaglio facile.

            Il modo non era casuale: Il suo scopo era di lasciare il suo segno, di intimidire e di terrorizzare.

            Il tempo non era casuale:
Mentre i mass-media, i partiti, la chiesa, i padroni e i dirigenti
sindacali cercano di ingiuriare la rivolta sociale; mentre l’assassinio
a sangue freddo di Alexis Grigoropoulos  viene presentato come “morte
accidentale”, all’attentato contro Constantina viene dedicato
pochissimo spazio.

L’attentato contro la vita di Constantina è stato preparato dal padronato con diligenza.

Constantina è una di noi. La lotta per la DIGNITÀ e la SOLIDARIETÀ  è la NOSTRA LOTTA.

L’attentato contro Constantina ci ha segnati tutti. Ha segnato la nostra memoria e il nostro cuore che è pieno di dolore e di rabbia.

   

 

GLI ASSASSINI PAGHERANNO TUTTO

NON CI FAREMO INTIMIDIRE DAL PADRONATO

 

ASSEMBLEA DI SOLIDARIETÀ A KONSTANTINA KUNEVA

annuncio del Politecnico occupato di Atene

Annuncio del Politecnico occupato di Atene (24.12.2008)
L’occupazione del Politecnico è terminata a mezzanotte del 24 Dicembre– La lotta continua

Subito dopo l’assassinio di Alexandros Grigoropoulos
da parte della guardia speciale di polizia Ep. Kokoneas e i primi
scontri per le strade di Exarchia, il Politecnico è stato occupato e
trasformato nel punto focale per l’espressione della rabbia sociale.
Spazio storicamente e simbolicamente legato alla viva memoria dei
ribelli e di una grossa parte della società alla lotta contro
l’Autorità – dal periodo della dittatura fino alla democrazia
totalitaria contemporanea -, il Politecnico è diventato un luogo dove
centinaia di persone spontaneamente si riuniscono: compagni, giovani e
lavoratori, disoccupati, adolescenti, immigrati e studenti…

Le lotte contro le forze di repressione con le ardenti barricate
nelle strade adiacenti sono diventate la scintilla di una rivolta che
si è propagata in tutta la città con manifestazioni spontanee,
l’occupazione dell’Università di Economia e della Scuola di Legge, con
attacchi contro bersagli statali e capitalistici nel centro e nella
periferia di Atene e in molte città del Paese. I giorni seguenti, con
le manifestazioni di migliaia di persone confluite in sommosse e
attacchi contro le banche, ministeri e grandi magazzini, ragazzini che
assediano e assaltano le stazioni di polizia, la sommossa alla prigione
di Koridallos e al Parlamento, la rivolta è diventata generale; questa
rivolta innescata dall’assassinio di A. Grigoropoulos e esplosa nella
reazione immediata di centinaia di compagni all’estesa violenza di
Stato, ispirando azioni di rabbia e solidarietà oltre i confini, in
tutto il mondo. Questa rivolta che fremeva sotto le condizioni di un
attacco generalizzato dello Stato e dei padroni contro la società,
sempre più forte nella realtà di una quotidiana morte della libertà e
della dignità, riserva per le persone oppresse al crescere
dell’esclusione, della povertà, dello sfruttamento,della repressione e
del controllo. Questa rivolta che assiduamente si “preparava”, anche
nei tempi oscuri del terrorismo fascista e di Stato, in ogni piccolo o
grande gesto di resistenza contro la sottomissione o la resa, lasciando
aperta la strada affinché le persone si potessero incontrare per
strada, così, com’è accaduto in questi giorni.
In questa realtà sociale esplosiva, il Politecnico occupato è diventato
un punto di riferimento per il confronto diretto con lo Stato, in tutte
le forme e con tutti i mezzi possibili, attraverso eventi
insurrezionali continuati che hanno dato alle fiamme l’ordine e la
sicurezza dei padroni, facendo a pezzi la falsa immagine di un consenso
sociale alle loro intenzioni omicide.
E’ diventato un luogo dove soggetti ribelli sociali e politici si sono
incontrati e influenzati vicendevolmente, attraverso le assemblee
generali e la loro presenza quotidiana all’occupazione.
Ha funzionato come base per una contro-informazione, attraverso
comunicati e manifesti, il blog e la stazione radio, e con il sistema
PA per spedire messaggi e notizie sulle novità della rivolta in atto.
Ed ha anche dato vita ad iniziative politiche di resistenza, come
l’appello dall’assemblea del Politecnico occupato per una giornata globale di azioni il 20 Dicembre
– sfociata in una mobilitazione coordinata in più di 50 città in Paesi
differenti, e alla quale gli occupanti del Politecnico hanno
partecipato organizzando una dimostrazione nella piazza dove A.
Grigoropoulos è stato assassinato -, come il concerto tenutosi il 22
Dicembre in solidarietà e supporto finanziario agli ostaggi della
rivolta, e l’appello per la partecipazione alla manifestazione in
solidarietà degli arrestati che è stata organizzata dai compagni, parte
dell’assemblea del GSEE (Confederazione Generale dei Lavoratori)
occupato.

Come punto fermo, per 18 giorni, dell’estasa rivolta, il Politecnico
occupato ha costituito un appello continuo all’insubordinazione delle
persone che resistono in tutto il mondo, ed un segno permanente di
solidarietà con gli ostaggi presi dallo Stato durante la rivolta. E’
diventato il territorio che abbiamo usato per diffondere il messaggio
di solidarietà fra oppressi, di auto-organizzazione e di contrattacco
sociale e di classe contro l’Autorità mondiale, i suoi meccanismi e i
suoi simboli. Questi elementi e valori della lotta hanno creato il
terreno per far sì che gli oppressi si incontrassero nella ribellione,
armassero le loro coscienze e, forse per la prima volta, diventasse
così impropriamente estesa attraverso così tante persone di diversa età
e nazionalità; Persone con le quali anarchici e anti-autoritari hanno
condiviso la lotta, la stessa rabbia contro chi saccheggia le nostre
vite e, molto spesso, la stessa visione per un mondo di libertà,
uguaglianza e solidarietà.
Per questa ragione, la repressione non si è solamente espressa nella
forma della brutalità poliziesca, negli arresti e nell’imprigionamento
dei manifestanti, ma anche con un attacco ideologico intenso lanciato
da tutti i fronti del sistema politico che ha visto tremare le sue
fondamenta quando la repressione, sulla quale si radica, non solo non
era capace di contenere i moti della rivolta, ma, al contrario, ne è
stata la sua causa prima.
Questo attacco ideologico ha mirato in maniera selettiva agli
anarchici, come parte politica e non negoziabile della rivolta,
precisamente a causa dell’impatto che le loro parole e azioni avevano,
e per il pericolo che si realizza per lo Stato quando essi comunicano e
si coordinano con migliaia di oppressi. In questo contesto, c’è stato
uno sforzo isterico nel dividere i rivoltosi in “bravi ragazzi” da una
parte, “cattivi incappucciati anarchici – ‘koukouloforoi’” o “immigrati
saccheggiatori” dall’altra, così come il buon vecchio mito dei
provocatori, al fine di manipolare la rabbia per l’assassinio,di
esaurire l’esplosione sociale, criminalizzare, isolare e frantumare i
punti fermi di riferimento della rivolta [Questa comunque è la stessa
retorica di repressione che ha condotto all’omicidio di A.
Grigoropoulos, poiché responsabile nel designare uno specifico ambiente
politico e sociale, spazi e persone come “nemici all’interno” sui quali
la violenza statale “legittimamente” deve essere imposta]. In questo
sforzo realizzato dallo Stato, il bersaglio continuo puntato sul
Politecnico era applicato su base quotidiana, con dichiarazioni da
parte dei politicanti e campagne diffamanti perpetuate dai mass media.
Dopo le ore di scontri a Exarchia e nei dintorni del Politecnico
durante la notte del 20 Dicembre, lo Stato, sotto le spoglie del
pubblico querelante, ha minacciato di procedere con un’incursione di
polizia, dopo aver sospeso l’accademico asilo politico nell’università,
nonostante i disaccordi delle autorità universitarie, ai fini di
sopprimere la rivolta, attaccando così uno dei primi posti dai quali ha
preso avvio.
Le loro intenzioni sono state sconfitte dal rifiuto degli occupanti di
obbedire a qualsiasi ultimatum, dalla determinazione nel difendere
questo territorio politico e sociale come parte della rivolta, e
dall’appello aperto a partecipare e supportare l’occupazione con la
presenza e procedere all’incontro organizzato in solidarietà con i
prigionieri il 22 dicembre, che ha raccolto centinaia di persone al
Politecnico.
La minaccia dello sfratto immediato è ritornata più forte il giorno
successivo, il 23 Dicembre, quando, durante l’assemblea si discuteva
sul termine dell’occupazione, eravamo informati da personaggi politici
e accademici che il Ministro dell’Interno e la polizia domandavano la
nostra uscita immediata dal campus, altrimenti i poliziotti avrebbero
invaso. La risposta dagli occupanti è stata che il Politecnico non
apparteneva né al Ministero né alla polizia e nessuno dei due poteva
farci arrendere; appartiene alle persone della rivolta che decidono
cosa fare seguendo solo i criteri del movimento e non accettano ricatti
o ultimatum da assassini. In questo modo l’occupazione del Politecnico
siè prolungata di un giorno e ha chiamato alla manifestazione in
solidarietà con gli arrestati che ha avuto luogo nel centro di Atene.
Nessun progetto repressivo o attacco ideologico riesce o riuscirà a
riscattare un ritorno alla normalità e ad imporre una pacificazione
sociale e di classe.
Niente è più come prima! La vittoria sulla paura, sull’isolamento e le
divisioni sociali dominanti, ha permesso a migliaia di ragazzi, insieme
con donne e uomini di qualsiasi età, rifugiati e immigrati, lavoratori
e disoccupati di stare insieme per le strade e combattendo i tiranni
della nostra vita, dignità e libertà, dietro alle barricate. E questa è
una realtà che illumina con le sue fiamme il futuro della rivolta,
entrambe l’intensità e la profondità, fino all’assoluta sovversione dei
padroni del mondo. Perché abbiamo gridato in ogni modo che questi
giorni appartengono ad Alexis, a Michalis Kaltezas, a Carlo Giuliani, a
Christoforos Marinos, a Michalis Prekas, a Maria Koulouri e a tutti i
compagni uccisi dagli assassini uniformati di Stato; non sono però
giorni che appartengono alla morte, ma alla VITA! Alla vita che
fiorisce nella rivolta, nelle barricate, nella rivolta che continua.

Terminando l’occupazione del Politecnico dopo 18 giorni, mandiamo la
nostra più calda solidarietà a tutte le persone che sono state parte
della rivolta in diversi modi, non solo in Grecia ma anche in molti
paesi d’Europa, del Sud e Nord America, Asia e Australia – Nuova
Zelanda. A tutti coloro che abbiamo incontrato e con i quali
continueremo a stare insieme, lottando per la liberazione dei
prigionieri di questa rivolta, ma anche perché continui fino alla
liberazione sociale globale. Per un mondo senza padroni e schiavi,
senza polizia e armi, senza confini e prigioni.

MORTE ALLO STATO – LUNGA VITA ALL’ANARCHIA!

LA LOTTA CONTINUA

Facciamo appello per un’assemblea aperta che avrà luogo al
Politecnico Sabato 27 Dicembre alle 16.00, per l’organizzazione della
solidarietà agli arrestati, che è stata chiamata dai compagni
dell’assemblea del GSEE occupato.

Il Politecnico Occupato 12.24.2008

Appello per una nuova internazionale

Politici e giornalisti cianciano,
tentando di infangare il nostro movimento con la loro ingannevole
razionalità. Noi ci rivolteremmo per la corruzione del governo, o
perché vorremmo da loro più soldi e più lavoro.

Invece, se attacchiamo le banche è
perché riconosciamo i soldi come una delle cause centrali della
nostra tristezza, se spacchiamo vetrine di negozi non lo facciamo
perché la vita è cara ma perché la mercificazione ci
impedisce di vivere. Se attacchiamo la feccia poliziesca, non è solo
per vendicare i nostri compagni morti, ma perché tra il mondo in cui
viviamo e quello che desideriamo sarà sempre un ostacolo.

Sappiamo essere arrivato per noi il
momento di pensare strategicamente. In questi tempi di imperialismo,
sappiamo che la condizione per una insorgenza vittoriosa è che
questa si espanda, per lo meno, ad un livello europeo. In questi
ultimi anni abbiamo visto e abbiamo imparato: i contro vertici
mondiali, le rivolte degli studenti e degli abitanti delle periferie
in Francia, la lotta contro l’Alta Velocità in Italia, la comune di
Oaxaca, gli scontri di Montreal, l’offensiva in difesa
dell’occupazione anarchica Ungdomshuset a Copenhagen, la rivolta in
occasione della convention americana dei Repubblicani, e la lista
continua. Nati nella catastrofe, siamo i figli di tutte le crisi:
politica, sociale, economica, ecologica. Questo mondo è a un vicolo
cieco, lo sappiamo. C’è da esser folli ad aggrapparsi alle sue
rovine. Bisogna essere in grado di auto-organizzarsi. C’è un ovvietà
nel rifiuto totale di partiti politici e organizzazioni: sono parte
del vecchio mondo. Siamo i figli "guasti" di questa società
e da essa non vogliamo niente. Ecco il peccato capitale che non ci
perdoneranno mai. Dietro le maschere nere, siamo i vostri figli. E ci
stiamo organizzando. Non faremmo tanti sforzi per distruggere la
materialità di questo mondo, le sue banche, i supermercati, le
stazioni di polizia, se non sapessimo che così facendo attentiamo
alla sua essenza profonda, ai suoi ideali, alle sue idee e alla sua
oggettività.

I media avrebbero descritto gli eventi
della settimana passata come espressione di nichilismo. Quello che
non capiscono è che proprio nell’azione di assaltare e disturbare
questa realtà, noi viviamo una più alta forma di comunità, di
condivisione, una più alta forma di organizzazione, gioiosa e
spontanea, che pone le basi per un mondo diverso. Qualcuno potrebbe
dire che proprio nella semplice distruzione la nostra rivolta trovi
il suo limite. Questo potrebbe essere vero se, tolti gli scontri, noi
non avessimo creato l’organizzazione necessaria a un movimento di
lungo termine: depositi riforniti da regolare saccheggio, infermerie
per curare i nostri feriti, i mezzi per produrre i nostri giornali e
la nostra radio. Così come liberiamo il territorio dal dominio dello
Stato e della sua polizia, dobbiamo anche occuparlo, per riempirlo e
trasformarne gli usi, così che possa servire al movimento. Così il
movimento non smette di crescere. In tutta Europa, i governi
vacillano. Sicuramente ciò che li disturba di più non sono gli
scontri riproducibili altrove, ma proprio la possibilità che i
giovani occidentali ritrovino una causa comune e insorgano
all’unisono per dare a questa società il colpo finale.

Questa
chiamata è per tutti quelli all’ascolto: da Berlino a Madrid, da
Londra a Tarnac, tutto diventa possibile. La solidarietà deve
diventare complicità. Il confronto deve espandersi.

Le comuni
devono costituirsi. Così che la situazione non torni più alla
normalità. Così che le idee e le pratiche che ci uniscono diventino
legami effettivi. Così che possiamo rimanere ingovernabili.

Saluti
rivoluzionari a tutti i compagni nel mondo.

A tutti i prigionieri, vi
tireremo fuori!