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Come estendere la lotta?

 I greci sono stupefatti all’idea che in diverse citta’ italiane gli anarchici si contino sulla punta delle dita. Non conoscono una repressione cosi’ forte come accade dale nostre parti, e non hanno avuto il ruolo storico della sinistra nel fomentare la divisione tra “violenti” e “pacifici”. 

La gente comune qua ha imparato a credere a quello che vede con i propri occhi, e mentre in dicembre gli anarchici incappucciati lanciavano Molotov alla polizia anziane signore solidarizzavano dagli edifici lanciando fioriere, seggiole e addirittura tavoli sulla polizia!  

Solidarieta’ di strada. Mentre si sta distruggendo una stazione della metropolitana, i passanti passeggiano noncuranti. E’ superata la falsa questione della violenza. Dopo la sparatoria al poliziotto, e l’innesto della strategia della tensione, si poteva immaginare tutta un’altra reazione da parte della gente: ma per le strade di exsarchia gli abitanti del quartiere hanno ribadito che la logica del terrore non prendera’ piede e sono scesi per le strade… non contro il terrorismo come i sinistri sono soliti fare in italia, ma per mandare via la polizia che presidiava il quartiere.  

La questione principale da noi parrebbe la chiusura e l’isolamento nel ghetto, la mancanza di uno spazio aperto di discussione, che in effetti e’ la cosa che piu’ sorprende in grecia. Non trasformare l’anarchismo in un’ideologia, ma vivere la teoria e pratica anarchica sul terreno su cui pone le sue basi: la rivolta sociale. Questa e’ la scommessa. 

La pratica della rivolta aperta all’esistente, come e’ stata affermata in dicembre ad Atene, da i suoi frutti e oggi si puo’ entrare liberamente nella sede del principale sindacato dei giornalisti, occupato da 3 giorni. C’e’ chi dorme, chi scrive, chi ciclostila volantini.

Se nel frattempo i medici stanno organizzando l’occupazione di ospedali con assemblee aperte, e si vive un fermento sociale, questo e’ un effetto della societa’ in rivolta. Ma perche’ sia l’intera societa’ a rivoltarsi il messaggio e’ aperto e esce fuori dalla logica dei gruppetti.  

La presenza di giornalisti e avvocati alle manifestazioni, e tra breve una manifestazione di giornalisti per le strade di atene, e’ un altro tassello che in Italia pare impensabile. Eppure giornalisti e avvocati sono sempre giornalisti e avvocati, pure qua. 
Sara’ la radice greca del termine anarchia che ne fa un concetto di cui ognuno e’ in grado di appropriarsi?  
Gli anarchici si sono guadagnati il rispetto della gente comune. E al blocco anarchico nella manifestazione studentesca del 9 partecipavano in tantissimi.  

Spiego ai compagni greci che in Italia l’affermarsi di pratiche di leadership, autoritarie e’ il principale problema che spezza le gambe al movimento. Racconto che da noi il “protagonismo”  e’ merda proclamata a gran voce da decine di centri sociali che cercano le luci della ribalta, dello spettacolo, e alla fine cercano posizioni di potere.   
L’unica maniera che avremo in Italia di far ripartire un percorso di contestazione aperta all’esistente e’ spazzare via il campo dai capetti, gerarchi, che infestano le citta’, le assemblee, che formano scuole quadri per futuri gestori di potere dentro le scuole, che gestiscono centri sociali timbrando la gente all’ingresso e vendendo merce come in qualsiasi bar.  

Non ci possono credere qua che in Italia non esistano assemblee dove la gente provi ad esprimere le proprie istanze. Il modello italiano e’ troppo sottomesso agli autoritarismi dei leader, generalmente di sinistra, per esprimere una pratica anarchica aperta e diffusa…

Quando nelle assemblee popolari in Italia non vedremo piu’ garrire le nefaste bandiere dei sinistri? Quando la gente smettera’ di aver fede negli strumenti del potere? Sara’ una dura lotta quella di proporre un contesto radicalmente differente a quello cui siamo abituati. Ma pare l’unica possibilita’ quella di estirpare alla radice ogni traccia che porti al mondo conosciuto, che conosciamo troppo bene, e che ci autoreprime quotidianamente.

Comunicato dell’assemblea dell’ESIEA (sindacato giornalisti) occupato

Comunicato dell’assemblea dell’ESIEA occupato

Sabato 10 Gennaio un gruppo di impiegati, disoccupati, lavoratori non pagati e studenti dell’industria dei media hanno occupato il quartier generale dell’ESIEA (il sindacato dei giornalisti, fotoreporter e altri lavoratori dell’industria dei media greci).
Questo sforzo, di opposizione al logos dominante, mira sia a mettere in mostra condizioni medievali di lavoro nei mass media, sia a promuovere la creazione di un’unica assemblea per l’espressione di TUTTI coloro che lavorano per l’industria dei media…

Contratti di lavoro flessibili e insicuri, impiego non pagato / non assicurato, lavoro part time, turni sfiancanti, arbitrarieta` dei datori di lavoro e decine di licenziamenti delineano il contorno dell’industria dei media. Fa da sfondo la trasformazione piu’ ampia del sistema di cui fulcro e’ la ristrutturazione neo-liberista del lavoro.  

Da parte sua, ESIEA (il sindacato padronale) non solo non si oppone agli interessi dei datori di lavoro, ma da il proprio consenso e rimane in silenzio di fronte a questi abusi di potere.
Funziona come un sindacato di elite, escludendo migliaia di lavoratori dell’industria dei media, allo stesso tempo ostacola la richiesta pressante di superare divisioni interne e frammentazioni per dipartimenti per creare un singolo sindacato dei media.

D’altro canto, questa occupazione mira a diventare un centro di  controinformazione, un contesto di lotta in cui i soggetti non sono tutti  direttamente collegati all’industria dei media, come e’ risultato chiaro alla prima assemblea pubblica.

Abbiamo deciso di riunirci, agire e parlare direttamente gli uni con gli altri su tutto cio’ che lo Spettacolo dominante ha reso frammentario, contro la propaganda ideologica e oppressiva dei padroni, dell’EISEA e dei pretoriani dei Media pronti a disinformare, distorgere e insabbiare a seconda delle circostanze.

Pestaggi, arresti di massa, detenzioni, terrorismo mediatico, morti “accidentali” lungo le frontiere e l’inferno delle agenzie per l’immigrazione, tortura nelle stazioni della polizia, “suicidi” nelle prigioni, “incidenti” sul lavoro, attacchi all’acido dalla mafia dei datori di lavoro, licenziamenti e trasferimenti arbitrari, tutti questi non sono “casi isolati”.
Dopotutto, “qui non e’ Gaza” (come dice Yannis Pretenderis, giornalista d’alto bordo, su un importante canale televisivo).

Certamente, questa non e’ Gaza. In ogni caso la nostra solidarieta’ non si esprime attraverso la televisione ma nelle strade, nelle occupazioni di edifici pubblici, nel conflitto fianco a fianco con gli oppressi in rivolta, in cui ci riconosciamo.
E’ una solidarieta’ che valica i confini e si e’ diffusa dal Messico all’Inghilterra, e dalla Korea alla Turchia appena dopo la morte di Alexandros Gregoropoulos e gli eventi che ne sono seguiti.
 
Non dimentichiamo i 67 detenuti, i 315 arresti e tutti gli insorti che sono stati perseguiti.
L’oppressione di Stato si acuisce, fatto ancora una volta provato dalla manifestazione del 9 gennaio: quel giorno, la “celebrata preservazione del santuario accademico” (l’asylum) ha portato allo sgombero violento di un edificio in Asklipiou street, dove i manifestanti avevano trovato rifugio.

L’attacco contro l’aspetto sociale del santuario e’ un attacco contro la societa’ stessa in lotta. E’ repressione.
Repressione e terrorismo e’ anche l’attacco (il 23 Dicembre) con l’acido al volto di Konstantina Kouneva, immigrata attivista nei sindacati di base. Konstantina lavora sotto contratto per una ditta privata di pulizie nell’Isap (treni elettrici Greci). Fino ad oggi, e’ in ospedale in condizioni serie, ma la sua lotta prosegue e la sosteniamo attivamente…
…come sosteniamo attivamente ogni lotta contro l’arbitrarieta’ dei padroni e  le relazioni di sfruttamento, siano esse il risultato di condizioni di lavoro detto flessibile e insicuro oppure dovute a lavoro non assicurato, straordinari non pagati o lavori part time.

9 – 10 – 11 gennaio

Alla manifestazione studentesca del 9 gli anarchici hanno partecipato con un blocco, dopo ore e ore di discussione nell’assemblea del giorno prima sull’opportunita’ o meno di scendere in blocco compatto. Gli studenti non si sarebbero aggregati, sarebbe stato meglio dare manforte in piccoli gruppi alla protesta studentesca… alla fine invece il blocco, in mezzo al corteo, era partecipatissimo.

Quando alla fine pero’ arroccati sui gradoni di marmo degli uffici del rettorato si e’ aggiunta la critica del sanpietrino alla verbalizzazione nei loro confronti, gli sbirri hanno decisamente confermato nonostante non ce ne fosse bisogno la loro nomea di gurugna dolofoni: scappavamo in salita… ma cominciano ad arrivare pure dalla cima della salita.

Siamo in trappola, si apre un varco: un portone di un palazzo. Una cinquantina entrano, una trentina ancora fuori. In quel momento, osservando i compagni davanti, con le mani sulla testa, a pigliarsi baccate su baccate senza poter far nulla, la mente era vuota – preparati alle baccate, pensando ai poveri cristi in prima fila. La furia cieca dei porci e’ durata una decina di secondi. Spaccate un po di teste, si sono fermati, arretrando di qualche passo. Ogni tanto lanciavano, per gasare un po’ gli animi, qualche lacrimogeno.

Sono arrivati prontamente giornalisti e avvocati, in prima fila, a filmare, riprenderli. La reazione non e’ tardata ad arrivare e mentre sfilavano cellulari di varie capienze ad ondate gli omini verdi si pigliavano quelli che potevano, sempre dalla prima fila. Principalmente avvocati e giornalisti. In tutto si sono presi 15 avvocati mi pare…

Nel frattempo la gente, che era scappata in una strada laterale si stava accalcando. Cominciamo a sentire che non siamo soli, arrivano medici in camice bianco (l’ospedale e’ li’ vicino) che entrano nell’edificio portando medicinali, mascherine, e curano una ragazza messa maluccio. Nel frattempo la gente dalle case getta acqua sulla polizia. Stiamo sempre aspettando di essere portati in questura quando inspiegabilmente vanno via. Usciamo in strada, ci uniamo ai compagni. Si forma un corteo per andare alla stazione centrale della polizia: ci sono infatti svariati fermi.

Nel frattempo ad exarchia un centinaio di anarchici guerrigliano, vola qualche molotov. 2 sono arrestati, a uno verranno dati 5 mesi con la condizionale, un altro ha il processo oggi con 3 capi d’accusa gravi.

Diversi cortei si incontreranno piu’ tardi alla stazione della polizia, ogni tanto la polizia carica la folla col solito gas. Ad una certa ci si stufa e si va via, si ritorna ad exarchia. Ad ogni angolo l’antisommossa, nei bar e nei ristoranti e’ (sempre) pieno di compagni. Il giornalista catturato dalla polizia viene pestato e torturato a tal punto che la condanna dell’operato della polizia viene pure dai telegiornali.

Il giorno dopo viene occupata la sede del sindacato dei giornalisti. E’ un bel palazzone, siamo contenti di poter usufruire del bar. Ci sono un centinaio di persone alle assemblee, giornalisti, fotoreporter, anarchici, studenti di scienze della comunicazione. Si ragiona tutti insieme con l’immancabile sinelefsi. Vengono tradotti i vari comunicati. Ci sono proposte di fare una radio pirata, entro giovedi l’idea e’ scendere in piazza, occupare sedi di giornali.

Oggi ad exarchia c’era festa. Era da tanto che non si festeggiava. Ma con le parole di emma goldman, se non posso ballare non e’ la mia rivoluzione. E quindi oggi il quartiere ha allestito banchetti luculliani. Bere, magnare, musica greca, balli. Da mezzogiorno fino a sera.

Verso le due, la manifestazione degli immigrati era partita. Un altro immigrato dal Bangladesh trovato morto per strada vicino all’ufficio immigrazione. La proposta e’ un corteo fino all’ufficio immigrazione, ma viene ritirata. I sinistri propongono il corteo verso il parlamento. E’ domenica, il parlamento e’ vuoto.

Gli anarchici non ci stanno all’ennesima sfilata di fronte al parlamento per giunta vuoto, per cui il blocco anarchico decide di unirsi agli abitanti di exarchia in festa. Inizialmente seguiti dagli sbirri, quando si prende la via di exarchia se ne sono andati. Peccato! Sarebbe stato carino portarli con noi alla festa. Piombiamo in duecento alla festa del quartiere, tutti vestiti di nero: il grido di accoglienza e’ sempre baci gurugna dolofoni, da parte degli abitanti del quartiere. Insomma, a casa. Si magna, si balla, e poi via verso le varie assemblee.

Contemporaneamente, la sinelipsi al politecnio con una valutazione generale sulla situazione, e proposte su come continuare l’assemblea dell’ASOEE (facolta’ di economia occupata in dicembre);

E’ la prima volta che si riunisce al politecnico l’assemblea di ASOEE dopo la fine dell’occupazione, si fa una valutazione di quello che e’ stato. Ci sono i gruppi di lavoro nati durante l’assemblea, su mezzi di trasporto di massa, occupazione, su ospedali.

 e la sinelipsi dell’occupazione dei giornalisti…

 

 

 

I lavoratori, e non i padroni dei media, avranno l’ultima parola – comunicato dall’ESIEA occupato

I lavoratori, e non i padroni dei media, avranno l’ultima parola

Le migliaia di manifestanti che hanno riempito le strade della Grecia Venerdi 9 Gennaio hanno dimostrato che il fuoco di Dicembre non e’ stato spento, ne’ dai proiettili o dall’acido contro gli attivisti, ne’ dal terrorismo ideologico diffuso dai media in questi ultimi giorni. Di conseguenza, l’unica risposta dello Stato ai giovani e ai lavoratori e’ stata ancora una volta la cruda repressione. Incoraggiati dalla spinta mediatica verso la “tolleranza zero”, e dagli ordini dei loro capi, i poliziotti si sono sentiti liberi di attaccare con mezzi chimici, violenza e arresti chiunque trovassero per la loro strada.

Quando, come e’ successo il 9 gennaio, l’oppressione dello Stato colpisce lavoratori, giornalisti, fotografi ed avvocati che prendono posizione nelle strade contro gli assassini, diventa ancora piu` chiaro che la ribellione dello scorso mese porta con se un’istanza di dignita` per tutti coloro la cui sopravvivenza dipende dal lavoro salariato. Come risultato, alcuni di noi, lavoratori dei media e studenti, stanno al fianco dei ribelli. Attivamente: partecipiamo alle loro lotte come lavoratori, ci uniamo alla loro lotta con la nostra battaglia quotidiana nei posti di lavoro. Nostro obiettivo principale e’ impedire ai padroni di imporre la loro interpretazione degli eventi, ad esempio un fotografo, Kostas Tsironis, e’ stato licenziato dal quotidiano “Eleftheros Typos” (“Stampa libera”) perche’ ha immortalato un poliziotto con la pistola spianata un giorno dopo l’assassinio del quindicenne Alexandros Grigoropoulos.

Non nutriamo false illusioni su quello che i media, apparato ideologico cruciale per lo Stato, faranno per costringere la gente a lasciare le strade e tornare nelle case; faranno di tutto, e lo sappiamo troppo bene, perche’ lavoriamo nella stampa. Ci rendiamo anche conto che, fino a che noi rimarremo in silenzio, i grandi nomi del giornalismo sono solo capaci di promuovere l’abolizione dell’asylum universitario e l’idea che esistano due tipi differenti di manifestanti (I “koukouloforoi”, incappucciati, contro i “pacifici”).

Il nostro posto e’ con i ribelli. Un’ulteriore ragione di questo e’ perche’ viviamo quotidianamente lo sfruttamento nei nostri posti di lavoro. Nell’industria dei media, come ovunque, abbiamo a che fare con le conseguenze del lavoro precario, non sicuro o non pagato, dei contratti-a-pezzo (cottimo), del lavoro straordinario, e con tutti i capricci dei padroni. Ultimamente, con la minaccia della crisi economica, aumentano i licenziamenti e cresce la paura di essere mandati a casa.

Come tutti i lavoratori, viviamo l’ipocrisia e il tradimento dei sindacati. Il sindacato dei giornalisti di Atene (ESIEA) e’ un’istituzione che ha volto le spalle all’appello dei lavoratori a resistere contro i padroni, per il bisogno cruciale di superare le divisioni interne e la frammentazione del lavoro, per creare un sindacato unito della stampa. Nel loro tentativo di dividere i lavoratori dei media da tutti gli altri lavoratori, ESIEA e’ in realta’ un sindacato dei padroni, uno strumento di consenso di base nelle loro mani, come e’ stato ampiamente dimostrato dalla scelta di non aderire allo sciopero generale di Mercoledi 10 Dicembre 2008.

Per tutti questi motivi, come inziativa di lavoratori salariati, non pagati, appena licenziati e studenti nei media, abbiamo deciso di occupare la sede dell’ESIEA, per dare voce a queste istanze, in solidarieta’ con la societa’ in rivolta.

Libera informazione, contro la propaganda ideologica dei padroni nei media
Azione diretta, autoorganizzata e democratica, da parte di tutti i lavoratori dei media contro gli attacchi sferrati contro ognuno e tutti noi.

• Solidarieta’ con Konstantina Kuneva, lavoratrice – attivista
• Immediato rilascio di tutti gli arrestati della rivolta
• Non abbiamo paura dei licenziamenti; I padroni dovranno imparare a temere i nostri scioperi

Dall’edificio occupato dell’ESIEA, 2009-01-10

Video parte del corteo 9 gennaio chiuso e caricato dall’antisommossa

http://www.tvxs.gr/v2972

racconti … fino al 7 gennaio

Mercoledi 7 gennaio

L’aria della rivolta vive ancora per le strade, e’ un’esplosione che ha colto tutti di sorpresa. Quotidianamente non si contano le azioni, le manifestazioni, e stiamo cominciando solo ora a prendere il fiato. Travolti dagli eventi, come immersi in un gigantesco frullatore. Assemblee all’universita’ di 400 anarchici (dopo 4 ore di confronto conti in totale 4 dico 4 birre), dove prendono la parola in tantissimi, dove vengono avvocati a spiegare la situazione legale giorno dopo giorno; l’assemblea regna sovrana qua, la prima apparenza e’ di essere nel tempio del libero pensiero.

Manifestazioni di piazza sono piu’ calme di qualche settimana fa (il che significa che non c’e’ quell’enfasi nell’attaccare la polizia, al punto che addirittura siamo stati caricati fino a disperderci).

In dicembre la polizia veniva ricercata strada per strada, la legge del manganello contro la legge del fuoco: ora con l’aiuto di israele si sono dotati di gas incredibilmente tossici infatti alle assemblee il silenzio della concentrazione e’ rotto dal tossire di molti. In dotazione alla polizia infatti oltre ai classici candelotti lacrimogeni ci sono dei prodotti all’avanguardia tipo bombolette giganti imbracciate come un mitra che sparano nuvole per rendere il corpo a corpo piu’ difficoltoso…

l’equipaggiamento base purtroppo ha un costo difficilmente sostenibile per gli squattrinati per cui si ricorre a mezzi di fortuna, mallox a nastro.

Venerdi ci sara’ la prima manifestazione studentesca, gli anarchici hanno deciso di prendere parte al corteo con un blocco per propagandare la manifestazione a Larissa del 17 e il giorno di azione in ogni citta’ greca programmato per il 24. 

Gli animi messi a dura prova dall’inquietante azione di qualche giorno fa si stanno riprendendo. La logica del terrore viene combattuta e in questi giorni di militarizzazione totale del quartiere di exarchia (era dal ’73 che la polizia non pattugliava le strade, ci sono stati rastrellamenti e fermi : 300 persone fermate, polizia che e’ entrata in tutti i locali) la gente del quartiere riunita in assemblea ha convocato una prima manifestazione invitando tutti a venire.  Almeno 500 persone hanno sfilato e alla vista degli sbirri e’ volato forte lo slogan martellante: baci gurugna dolofoni (sbirri porci assassini). La maggior parte era gente del quartiere. La sensazione di ritorno alla dittatura sta lentamente andando via… anche se ieri,in un teatro occupato nel centro, quando lorsignori si sono presentati in assetto da guerra ci si e’ lasciati andare a qualche momento di panico… fortunatamente era semplicemente una provocazione.

Si dorme 3-4 ore per notte, ci si sposta continuamente da un presidio ad una sinelefsi (discussione). Si mangiano souvlaki a 1 euro e cinquanta il pezzo. Si incrociano manifestazioni di palestinesi, che possono finalmente dare il loro meglio esibendosi con kefia e pietre in lanci parabolici; gruppi passano dalla stazione del metro lasciando tracce del loro passaggio, e sempre nelle stazioni si leggono volantini dal sistema di amplificazione.

Stamattina in tribunale aspettando il rilascio dei fermati dopo il rastrellamento (ora rilasciati) non si e’ perso tempo a sputare in faccia ad un avvocato di dubbia fama, noto per la sua predilezione per i minori… insomma diciamo che la situazione e’ sempre e comunque frizzante

saluti heraclium mantegazziani

CON IL SANGUE ANCORA NEGLI OCCHI… CON LA RABBIA ANCORA TRA LE MANI… HANNO PAGATO CARO MA CI DEVONO ANCORA TANTO

CON IL SANGUE ANCORA NEGLI OCCHI…
CON LA RABBIA ANCORA TRA LE MANI…
HANNO PAGATO CARO MA CI DEVONO ANCORA TANTO

Il dicembre del 2008 vale come se fossero anni. L’ uccisione del
compagno quindicenne Alexis Grigoropoulos, da parte dell’ assassino di
stato Epaminondas Korkoneas nel quartiere di Exarchia il 6.12.08, e’
stata la fiamma attraverso la quale il dolore e’ diventato rabbia, e la
rabbia rivolta. Dalla stessa notte e per molti giorni e notti, la
controviolenza sociale e di classe e’ dilagata nelle strade di Atene,
di Salonicco e di decine di altre citta’ e cittadine elleniche per
restituire al potere una parte di vendetta. Una vendetta che ha trovato
i modi per esprimersi collettivamente con vari mezzi, in massa e
individualmente, sia spontaneamente che in maniera organizzata.

I cortei e gli scontri con i cani da guardia della democrazia greca,
le decine di manifestazioni e gli attacchi ai covi della polizia greca,
gli incendi e le devastazioni di centinaia di banche ed esercizi
commerciali, le distruzioni e gli espropri delle merci, l’albero di
natale bruciato nella piazza del parlamento sono state alcune delle
negazioni alzate dinanzi al dilemma che esiste da quando esiste il
potere: inginocchiato o rivoltoso, cittadino pacificato o uomo.

Era la prima volta dopo la caduta della dittatura, in tempi di
democrazia, che cosi’ tanti e tante, diversi e diverse, uguali tra
uguali, donne e uomini, ragazzi e ragazze, indigeni e indigene,
immigrati ed immigrate hanno negato i ruoli che gli ha imposto il
potere ed hanno contestato con la pratica il privilegio dello stato ,
quello di uccidere impunito.

Le occupazioni dei consolati greci cosi’ come gli attacchi che hanno
subito, le manifestazioni, che in alcuni casi hanno avuto come esito
arresti e detenzioni preventive in decine di città in tutto il mondo
hanno dimostrato che gli esclusi della terra sanno condividere la
lingua della strada e della solidarietà.

Le lavatrici dei cervelli tramite gli schermi televisivi, la rete,
le prime pagine e le trasmissioni radiofoniche hanno avuto fretta di ‘
spiegare’ e di dividere tra studenti medi ‘buoni’ ed incappucciati
‘cattivi’, tra manifestanti ‘pacifici’ ed immigrati ‘ladri’. Hanno
tentato di seminare il terrore e la confusione. Ma e’ stato inutile. La
rivolta e’ stata una e indivisibile. Quelli e quelle che si trovano
nelle strade conoscono i motivi e le ragioni che l’hanno innescata.

L’unica divisione che esiste in una società classista di
sfruttamento ed oppressione e’ venuta fuori fin dalle prime ore
successive all’ assassinio di Alexis. Da una parte delle barricate si
trovavano le moltitudini agitate degli insorti. Dall’altra i loro
nemici: lo stato per proteggere il suo potere, i suoi sbirri per
picchiare ed arrestare, gli alti gradi dell’esercito per dichiarare l’
allarme giallo, i neonazi parastatali per aiutare le forze repressive,
i pm e i giudici per imprigionare, i partiti per avere -ognuno con i
suoi modi- consenso politico, i costruttori dell’ opinione pubblica per
diffamare coscienze, i preti ladri per scomunicare, i piccoli e grandi
commercianti per piangere le loro ricchezze, i benpensanti per
pretendere ordine e sicurezza, per pretendere quindi la realizzazione
delle ideologie che hanno armato le mani di decine di assassini, come
Korkoneas, per rubare la vita a decine di insubordinati come Alexis.

Le vetrine fragili si sono fatte a pezzi e con esse tutte le
illusioni di un benessere dato dalla schiavitu’ volontaria, un
benessere che non puo’ essere ormai promesso e garantito da nessuno. I
bancomat non sputavano piu’ soldi, ma fuoco.

Nessuna propaganda puo’ nascondere la verita’ che ha illuminato le
strade. Nessuna guerra chimica, nessuna repressione puo’ imporre un
silenzio da cimitero. Niente sara’ come prima.

In queste settimane, durante le quali e’ stata messa in atto quella
che sarebbe potuta diventare una guerra civile, tutte le coscienze
hanno dovuto fare una scelta: con la vita o con la morte, con la
rivolta o con il potere.

La lingua mediatica e intellettualoide del recupero piange
ininterrottamente: ‘non hanno fatto richieste, e’ stata solo un’
esplosione, si tratta di violenza cieca’. Allora si’, signori e
signore, non chiediamo niente, perche’ vogliamo tutto, perche’ in
questo mondo preferiamo nascondere i nostri volti ed attaccare. Piu’
non capite quello che diciamo e quello che facciamo, piu’ siamo sicuri
che siamo sulla strada giusta, sulla strada della negazione di questo
mondo-galera. Inutilmente cercate di spingerci al dialogo, noi non
abbiamo richieste da fare, solo rivendicazioni che non elemosiniamo, ma
proviamo ad ottenere con la pratica dei nostri gesti: autorganizzazione
e solidarietà, complicità e rispetto reciproco tra gli/le oppressi/e,
odio infinito per il potere e azione diretta per la sua distruzione.

Decine di occupazioni di università , di scuole e di edifici statali
e comunali sia in centro sia nei quartieri di Atene e di tante altre
città del paese. L’autogestione del quotidiano all’interno di queste,
basata sull’ eguaglianza e orizzontalità. Le mense e i caffe’
autorganizzati con i prodotti espropriati. I volantini, le riviste, i
manifesti, le radio e i siti autogestiti come mezzi di
controinformazione. Le iniziative e i concerti di solidarietà e di
sostegno economico per gli arrestati. Le occupazioni di emittenti
radiotelevisive pubbliche e private. Le irruzioni durante spettacoli
teatrali. Le assemblee molto partecipate con le loro decisioni senza
presidenti e votazioni. L’ interesse dell’uno per l’altro contro la
logica dell’indifferenza. La condivisione, e non l’atomizzazione. Il
sentimento vitale della comunità che resiste a dispetto della gabbia
invisibile che e’ la famiglia. Queste sono le nostre rivendicazioni!
Questi sono i segni tangibili del mondo che sognamo!

Sappiamo bene che per rendere questo mondo veramente reale dobbiamo
prima demolire una volta per tutte il mattatoio che chiamate stato,
democrazia e libero mercato. Una pallottola statale ha fatto sporcare
le mutande di seta dei padroni di questo mondo. Lo sanno bene che
niente è finito e niente finirà. Lo sappiamo anche noi. Perchè lo
dobbiamo prima di tutto a noi stessi. Perchè non ci appartiene il
ritorno alla miseria della ‘normalità’. Perchè lo dobbiamo ad Alexis
Grigoropoulos e non solo. Lo dobbiamo a Michalis Kaltezas, a Stamatina
Kanellopoulou, a Iakovos Koumis. Lo dobbiamo a Tony Onoua, ad Edison
Giaxai e alle decine di fratelli e sorelle di classe che sono caduti
nelle strade, nei confini, nei commissariati, nelle galere e nei luoghi
della schiavitu’ salariata. Lo dobbiamo a Konstantina Kuneva, la
sindacalista combattiva che dal 23.12.08 si trova in ospedale a lottare
per la sua vita, dopo aver subito un attaco vigliacco da parte degli
scagnozzi del padronato socialdemocratico di oik.o.me.t ( azienda di
pulizie per la quale la donna lavorava nella metropolitana di Atene) ,
perche’ ha scelto di lottare per i diritti suoi e delle sue colleghe.
Lo dobbiamo alle centinaia di inquisiti/e, alle decine di prigionieri/e
di questa rivolta che non lasceremo soli/e nelle mani dell’ affamata
giustizia greca…

I PRIGIONIERI DELLA RIVOLTA NON SONO SOLI! NIENTE E’ FINITO, NIENTE FINIRA’! TUTTO CONTINUA, TUTTO…

Anarchici ed Anarchiche dal Deserto del Reale Atene, gennaio 2009

IL FANTASMA DELLA LIBERTA’ ARRIVA SEMPRE CON UN COLTELLO TRA I DENTI

Il fantasma della liberta’ arriva sempre con un coltello tra i denti.

Sparare alla carne e’ il punto piu’ alto dell’oppressione sociale. Tutte le pietre disselciate dal pavimento e lanciate sugli scudi della polizia alle vetrine dei templi delle comodita’; tutte le bottiglie incendiarie traccianti orbite di fuoco nei cieli notturni; tutte le barricate erette nelle strade della citta’ separando le nostre zone dalle loro; tutti i depositi di spazzatura della societa’ consumista cui le fiamme delle rivolte hanno finalmente dato un senso; tutti i pugni levati al cielo; queste sono le armi che danno carne e potere reale, non solo alla resistenza, ma anche alla liberta’.

E’ anche solo per questo sentimento di liberta’ che vale la pena scommettere su questi momenti: il sentimento delle mattine dimenticate della nostra infanzia, quando tutto poteva succedere perche’ erano nostre, come esseri umani creativi, non i futuri uomini macchina produttivi della subordinazione, il lavoratore alienato, il proprietario privato, il padre di famiglia.

E’ il sentimento che ti fa scontrare con i nemici della liberta’ – che non te li fa piu’ temere.
E’ per questo che tutti coloro che vogliono occuparsi dei loro affari, come se niente stia succedendo, come se niente fosse mai successo, hanno serie ragioni per essere spaventati.

Il fantasma della liberta’ arriva sempre con un coltello tra i denti, con violenza per rompere ogni catena che riduca la vita ad una miserabile ripetizione, utile solo alla riproduzione delle relazioni sociali del dominio.
Dal sabato 6 dicembre nessuna citta’ in questo paese funziona normalmente, non c’e’ modo di andare a fare la spesa, non ci sono strade libere per andare ai nostri posti di lavoro, non ci sono nottizie su prossimi ristabilimenti governativi, non continua quel noncurante zapping tra gli stili di vita degli shows televisivi, non ci sono movide notturne intorno a piazza Syntagma, eccetera.

Queste notti, questi giorni, appartengono ad Alexis!
Come surrealisti, siamo stati nelle strade dal primo momento, insieme a centinaia di altri ribelli e altra gente che solidarizzava, perche’ il surrealismo e’ nato dal respiro della strada e non ha intenzione di abbandonarlo.
Dopo la resistenza di massa agli assassini di Stato, il vento della strada e’ piu’ caldo, piu’ ospitale, piu’ creativo.

Proporre una direzione a questo movimento non ci appartiene. Invece facciamo nostra ogni responsabilita’ della lotta comune, perche’ e’ una lotta per la liberta’.
Senza essere partigiani della violenza cieca o della violenza per la violenza, senza essere obbligati ad accettare ogni espressione di questo fenomeno di massa, lo consideriamo totalmente corretto.

Non lasciamo che questo alito infiammabile di poesia si calmi, tantomeno che muoia!

Convertiamolo invece in utopia certa: la trasformazione del mondo e della vita!

Nessuna pace per la polizia e per i suoi dirigenti!

Chi non riesce a comprendere questa rabbia puo’ semplicemente tacere!

 

Gruppo surrealista di Atene – 
fine dicembre 2008

Konstantina Kuneva

Atene – Il 23 Dicembre 2008, Konstantina
Kuneva, immigrata dalla Bulgaria che lavora come spazzina nella
metropolitana di Atene, ha subito un attentato contro la sua vita
mentre stava rincasando dopo una giornata di lavoro. Konstantina era
nota per la sua attivita sindacale e per questo motivo si era trovata
nel mirino della ditta appaltatrice delle pulizie nella metropolitana
di Atene che era il suo diretto datore di lavoro. Come prima risposta
all’attentato contro la vita di Konstantina, un gruppo di compagni-e ha
occupato la sede di ISAP ( La ferrovia elettrica di Atene-Pireo) il 27
dicembre 2008. Ciò che segue è il volantino distribuito. L’occupazione
è terminata ieri, domenica 28 dicembre 2008.

QUANDO ATTACCANO UN@ DI NOI,

CI ATTACCANO TUTTI

Oggi 27 Dicembre abbiamo occupato la sede centrale di ISAP (Ferrovia
Elettrica di Atene-Pireo) come prima risposta all’attentato contro la
sua vita che ha subito Konstantina Kuneva il 23 dicembre 2008 mentre
stava rincasando dal suo lavoro.

Konstantina è ricoverata in gravi condizioni nel reparto di terapia
intensiva dell’ospedale “Evangelismos” riportando gravi lesioni agli
occhi ed all’apparato respiratorio.

Chi è Konstantina? Per quale motivo è stata attaccata?

Konstantina è una delle centinaia di lavoratrici immigrate che
lavora da anni come lavoratrice interinale nel settore delle pulizie. È
segretaria generale dell’Unione Panattica degli spazzini-e e dei
lavoratori domestici, sindacalista militante, nota per la sua
combattività. La settimana scorsa si era scontrata con il padronato di
“ICOMET”, rivendicando la tredicesima per lei e per le sue colleghe e
denunciando le irregolarità riguardo alla loro busta paga. Tutto ciò è
venuto dopo il licenziamento vendicativo di sua madre dalla medesima
ditta, il suo trasferimento in un altro posto di lavoro, mentre pende
la sua denuncia all’Ispettorato del Lavoro che sarà esaminata il 5
gennaio 2009. Tutto ciò costituisce la norma e non l’eccezione nel
settore delle pulizie e del lavoro interinale.

I contratti fuori norma, le ore di lavoro e gli straordinari non
pagati, lo scarto tra i soldi per i quali firmano i lavoratori e quelli
che effettivamente ricevono, l’assunzione di immigrati e di immigrate
che sono più ricattabili, il non versamento dei contributi dell’INPS
costituiscono le pratiche abituali degli appaltatori nel settore delle
pulizie. Naturalmente tutto ciò avviene grazie ai dirigenti degli enti
pubblici che danno copertura alle irregolarità e promuovono la
precarietà del lavoro.

Specialmente per quanto riguarda “ICOMET”, una ditta che opera nel
settore delle pulizie e del lavoro interinale che opera su scala
nazionale, proprietà di Nikitas Iconomakis, dirigente del partito
socialista (Pasok), che impiega “ufficialmente” 800 lavoratori (gli
stessi lavoratori parlano di almeno 1500, mentre gli ultimi 3 anni sono
“passati” dalla ditta più di 3000 lavoratori) gli abusi da parte del
padronato sono all’ordine giorno. I lavoratori sono costretti a firmare
contratti “in bianco” di cui non ricevono mai la copia. Lavorano 6 ore
e vengono pagate per 4,5 ore (salario e contributi) in modo da non
raggiungere mai le 30 ore settimanali (in questo modo il loro lavoro
non è considerato lavoro usurante e non traggono i benefici della
legge). Vengono terrorizzate, vengono trasferite e, quando vogliono
licenziare una lavoratrice, la minacciano per costringerla a dare le
dimissioni (una lavoratrice è stata trattenuta per quattro ore nei
locali della ditta affinché firmasse le sue dimissioni). Il padronato
sta cercando di creare un sindacato giallo per sottomettere i
lavoratori mentre tramite licenziamenti cerca di bloccare i canali di
comunicazione tra i lavoratori e la loro azione collettiva.

Cosa c’entra “ICOMET” con ISAP?

All’”ICOMET” è stato aggiudicato l’appalto per le pulizie dell’ISAP
e di altri enti pubblici, perché ha potuto fare l’offerta più bassa con
i più alti tassi di sfruttamento e deprezzamento della forza-lavoro.
Questo regime di sfruttamento è stato organizzato per soddisfare le
esigenze di vari enti pubblici, tra cui anche l’ISAP. L’ISAP è complice
di questo regime di sfruttamento selvaggio, nonostante le numerose
denuncie fatte dal sindacato dei lavoratori.

L’attentato contro la vita della nostra collega era vendicativo e intimidatorio.

Il bersaglio non era casuale: donna, immigrata, militante sindacale,
madre di un minorenne, agli occhi dei padroni costituiva un bersaglio
facile.

Il modo non era casuale: il suo scopo era di lasciare il suo segno, di intimidire e di terrorizzare.

Il tempo non era casuale: mentre i mass-media, i partiti, la chiesa,
i padroni e i dirigenti sindacali cercano di ingiuriare la rivolta
sociale; mentre l’assassinio a sangue freddo di Alexis Grigoropoulos
viene presentato come “morte accidentale” all’attentato contro
Konstantina viene dedicato pochissimo spazio.

L’attentato contro la vita di Konstantina è stato preparato dal padronato con diligenza.

Konstantina è una di noi. La lotta per la DIGNITÀ e la SOLIDARIETÀ è la NOSTRA LOTTA.!

L’attentato contro Konstantina ci ha segnati tutti. Ha segnato la
nostra memoria e il nostro cuore che è pieno di dolore e di rabbia.

GLI ASSASSINI PAGHERANNO TUTTO

NON CI FAREMO INTIMIDIRE DAL PADRONATO

ASSEMBLEA DI SOLIDARIETÀ

A KONSTANTINA KUNEVA

QUANDO ATTACCANO UNO DI NOI, CI ATTACCANO TUTTI


 

 

Oggi 27 Dicembre abbiamo occupato la sede
centrale di ISAP (Ferrovia Elettrica di Atene-Pireo) come prima
risposta all’attentato contro la sua vita che ha subito Constantina
Cunova il 23 dicembre 2008 mentre stava rincasando dal suo lavoro.

            Constantina è ricoverata in
gravi condizioni nel reparto di terapia intensiva dell’ospedale
“Evangelismos” riportando gravi ferite negli occhi e nel sistema
respiratorio.

 

            Chi è Constantina? Per quale motivo è stata attaccata?

Constantina è una delle centinaia di
lavoratrici immigrate che lavora da anni come lavoratrice interinale
nel settore delle pulizie. È segretaria generale dell’Unione Panattica
degli spazzini-e e dei lavoratori domestici, sindacalista militante,
nota per la sua combattività. La settimana scorsa si era scontrata con
il padronato di “ICOMET”, rivendicando la tredicesima per lei e per le
sue colleghe e denunciando le irregolarità riguardo alla loro busta
paga. Tutto ciò è venuto dopo il licenziamento vendicativo di sua madre
dalla medesima ditta, il suo trasferimento in un altro posto di lavoro,
mentre pende la sua denuncia all’Ispettorato del Lavoro che sarà
esaminata il 5 gennaio 2009. Tutto ciò costituisce la norma e non
l’eccezione nel settore delle pulizie e del lavoro interinale.

            I contratti fuori norma, le
ore di lavoro e gli straordinari non pagati, lo scarto tra i soldi per
i quali firmano i lavoratori e quelli che effettivamente ricevono,
l’assunzione di immigrati e di immigrate che sono più ricattabili, il
non versamento dei contributi dell’INPS costituiscono le pratiche
abituali degli appaltatori nel settore delle pulizie. Naturalmente
tutto ciò avviene grazie ai dirigenti degli enti pubblici che danno
copertura alle irregolarità e promuovono la precarietà del lavoro.

            Specialmente per quanto
riguarda “ICOMET”, una ditta che opera nel settore delle pulizie e del
lavoro interinale che opera su scala nazionale, proprietà di Nikitas
Iconomakis, dirigente del partito socialista (Pasok), che impiega
“ufficialmente” 800 lavoratori (gli stessi lavoratori parlano di almeno
1500, mentre gli ultimi 3 anni sono “passati” dalla ditta più di 3000
lavoratori) gli abusi dal parte del padronato sono nell’ordine giorno.
I lavoratori sono costretti di firmare contratti “in bianco” di cui non
ricevono mai la copia. Lavorano 6 ore e vengono pagate per 4,5 ore
(salario e contributi) in modo di non raggiungere mai le 30 ore
settimanali (in questo modo il loro lavoro non è considerato lavoro
usurante e non traggono i benefici della legge). Vengono terrorizzate,
vengono trasferite, e, quando vogliono licenziare una lavoratrice la
minacciano per dare le dimissioni (una lavoratrice è stata trattenuta
per quattro ore nei locali della ditta finché firmasse le sue
dimissioni). Il padronato sta cercando di creare un sindacato giallo
per sottomettere i lavoratori mentre tramite licenziamenti cerca di
bloccare i canali di comunicazione tra i lavoratori e la loro azione
collettiva.

           

            Cosa c’entra “ICOMET” con ISAP?

All’”ICOMET” è stato aggiudicato l’appalto per le pulizie dell’ISAP e
di altri enti pubblici, perché ha potuto fare l’offerta più bassa con i
più alti tassi di sfruttamento e deprezzamento della forza-lavoro.
Questo regime di sfruttamento è stato organizzato per soddisfare le
esigenze di vari enti pubblici, tra cui anche l’ISAP. L’ISAP è complice
di questo regime di sfruttamento selvaggio, nonostante le numerose
denuncie fatte dal sindacato dei lavoratori.

            L’ attentato contro la vita della nostra collega era vendicativo e intimidatorio.   

            Il bersaglio non era casuale: Donna, immigrata, militante sindacale, madre di un minorenne, negli occhi dei padroni costituiva un bersaglio facile.

            Il modo non era casuale: Il suo scopo era di lasciare il suo segno, di intimidire e di terrorizzare.

            Il tempo non era casuale:
Mentre i mass-media, i partiti, la chiesa, i padroni e i dirigenti
sindacali cercano di ingiuriare la rivolta sociale; mentre l’assassinio
a sangue freddo di Alexis Grigoropoulos  viene presentato come “morte
accidentale”, all’attentato contro Constantina viene dedicato
pochissimo spazio.

L’attentato contro la vita di Constantina è stato preparato dal padronato con diligenza.

Constantina è una di noi. La lotta per la DIGNITÀ e la SOLIDARIETÀ  è la NOSTRA LOTTA.

L’attentato contro Constantina ci ha segnati tutti. Ha segnato la nostra memoria e il nostro cuore che è pieno di dolore e di rabbia.

   

 

GLI ASSASSINI PAGHERANNO TUTTO

NON CI FAREMO INTIMIDIRE DAL PADRONATO

 

ASSEMBLEA DI SOLIDARIETÀ A KONSTANTINA KUNEVA